L’aria nella stanza si era fatta pesante, la testa cominciava a ciondolare alla ricerca di un appoggio che le permettesse di non staccarsi dal collo, il professore Raggi guardò l’ora nel vecchio L.P. dei T.Rex trasformato in orologio digitale e appeso come vecchio cimelio sopra la laurea risalente a ormai tanti –troppi- anni prima, erano le 23,40;girò lo sguardo a fatica verso la pila di tesi da correggere…e sentì le braccia cadere come si arrendessero ad una gravità decuplicata; era ora di staccare la spina e rimandare al giorno dopo quell’impegno. Si alzò con la sveltezza di un bradipo e si stirò fino a sentire scricchiolare almeno la metà delle ossa, era quasi arrivato al bagno quando il telefono squillò, “(chi può essere a quest’ora?)” pensò mentre afferrava la cornetta, non era abituato a ricevere telefonate dopo le 21, i suoi amici e i colleghi di lavoro sapevano che per ogni comunicazione dovevano rispettare quell’orario, :”…Pronto…oooh caro, vecchio amico Lucio, come va? A cosa debbo l’onore di questa chiamata?...” Lucio Santi era un docente universitario ora in pensione, studioso delle lingue morte aveva messo anni addietro in subbuglio l’ambiente dell’archeologia con le sue teorie inerenti la costruzione delle piramidi legandola allo sfruttamento di ominidi alti più di tre metri e dotati di una forza eccezionale, ma con il cervello di un animale domestico facilmente addomesticabile, teoria che a suo parere aveva estrapolato da vecchi papiri trascritti in geroglifici ‘dialettali’ e mai interpretati da alcuno e da antiche incisioni Maya. Era indubbiamente una mente eccelsa ma Silvio ancora non capiva il perché della telefonata a quella ora tarda. “ Silvio” disse Lucio senza tanti preamboli come era nel suo carattere, “ti aspetto domani perché credo di aver fatto una scoperta che metterà in subbuglio il mondo scientifico e anche le coscienze…quando puoi venire a trovarmi?” Lucio rifletté velocemente, la mattina aveva un’ora di lezione, poi il programma era di terminare la correzione delle tesi ma, data un’occhiata alla pila che vedeva sempre più enorme delle stesse, decise che sarebbe stato più…riposante andare da lui, “Verso le 11 va bene?’’ “D’accordo, ti aspetto” rispose Lucio, “buona notte…” e staccò la comunicazione, tipico di Lucio, essenziale e stringato. Silvio riagganciò e si preparò per la notte, il sonno lo colse mentre si poneva 1.000 domande sulla presunta scoperta. Il mattino seguente mentre impartiva una lezione sui Dogma religiosi nei secoli bui ai non molto attenti studenti, sentì il cellulare che aveva nella tasca della giacca vibrare per una chiamata, aveva dimenticato di spengerlo e non voleva rispondere avendone vietato l’accesso nell’aula a tutti, ma l’insistenza era esasperante allora lo prese per leggere chi fosse a chiamarlo, a quel gesto si sollevò un coro di ‘buuuu..’ ritmato da un battito di piedi da parte degli astanti, era Alessandro, uno dei suoi studenti in quel momento latitanti: “Alessandro perché invece di telefonare non sei venut…” fu interrotto da una voce strozzata ed isterica “Prof venga subito a casa del professor Santi è successo…” le urla e i rumori non facevano capire bene cosa dicesse, quindi alzando un braccio come per scusarsi con i suoi alunni Silvio uscì in corridoio “Non ho capito, cosa devo fare?” il sibilo di voce singhiozzante che rispose gli ghiacciò il sangue nelle vene prima della risposta “ Venga a casa del professor Santi la prego…è morto…” “Morto? Ma come…aspettami lì arrivo subito” rispose mentre già correva verso l’uscita dell’ateneo incurante delle rimostranze della donna delle pulizie che aveva da poco lavato il corridoio. Salito in macchina corse come mai aveva fatto, consapevole di un paio di multe che gli sarebbero arrivate per essere passato con il rosso e per non aver rispettato qualche stop. Arrivò nei pressi della casa di Lucio, Alessandro lo attendeva accanto al portone, era pallido e si piegava in due come in preda a convulsioni o conati di vomito. “ E’ morto, l’hanno ucciso…” ripeteva come in trance, poi, finalmente, riuscì a vomitare, e quell’atto servì se non altro a calmarne gli spasmi che lo rendevano quasi epilettico. “Dov’è?” chiese allora Silvio “nel suo studio, bisogna chiamare la polizia…” aspetta,” replicò prontamente lui, “voglio prima vedere se hai sbagliato” così dicendo si diresse verso le scale che lo portavano nell’appartamento “non ho sbagliato…” diceva Alessandro, ma Silvio già entrava nello studio di Lucio. Lo vide piegato in due col capo poggiato sulla scrivania in posizione innaturale, una chiazza di sangue scura e secca colata dalla nuca fino alla scrivania quindi sulle ginocchia, e seguendo quasi una linea armonica fin sulle scarpe e il pavimento, gli fece pensare che la macchia che si era allargata in terra era come il disegno di un torrente di lava infuocato che aveva raggiunto il suo letto…strane le evoluzioni che fa il cervello anche in occasioni drammatiche come quella… Ripresosi da questi pensieri deciso si diresse verso il computer dove sapeva che Lucio riportava aggiornandolo maniacalmente il risultato dei suoi studi, forse li avrebbe trovato la risposta alla telefonata ricevuta il giorno prima. Con sua somma sorpresa vide che il modem era aperto e che l’hard disk era stato sottratto, passato lo sgomento, senza perdersi d’animo, lo accese sperando…ed ebbe ragione, chi aveva asportato il disco non aveva pensato a controllare il masterizzatore, dentro c’era un dvd che prontamente si mise in tasca, quindi spense di nuovo il p.c. e si diresse verso l’antica libreria che occupava una intera parete. Dei rumori provenienti dall’esterno lo bloccarono, “Prof. Bisogna chiamare subito la polizia…” era Alessandro, non entrava per non vedere di nuovo quello scempio, ma Silvio aveva ancora bisogno di qualche minuto :” La chiamo subito, stai tranquillo,” e, avvicinandosi alla porta, gli diede le chiavi della macchina aggiungendo “ nel cruscotto trovi una piccola macchina fotografica digitale, prendila e portamela per favore, prima che arrivi la polizia voglio fotografare una cosa.” Alessandro non fece domande e scese le scale, Silvio, indossati un paio di guanti in lattice si diresse velocemente verso la libreria, i sostegni erano riproduzioni in legno massiccio di facce di leone, si abbassò verso quella sulla sinistra e la girò in senso antiorario, un click lo avvisò dell’avvenuta apertura di un cassettino segreto mimetizzato nella giuntura centrale, era uno spazio minimo ma sufficiente per nasconderci un diario dove sapeva che Lucio trascriveva i suoi studi più importanti, e delle micro cassette di un registratore mimetizzato in un libro che si attivava vocalmente; mise anche questi elementi al sicuro in tasca, aprì il VI tomo dell’’Enciclopedia sull’economia globale’ che, gli aveva detto, nessuno avrebbe mai letto, ed estrasse l’ultima cassetta dal registratore ivi celato, quindi richiuse il tutto e gettò i guanti nel cestino. Aveva finito in tempo, Alessandro gli portò la macchinetta fotografica passandogliela dallo spiraglio della porta, scattò delle foto in attesa dell’arrivo della polizia che nel frattempo aveva chiamato. Fotografò ogni angolo possibile dell’appartamento e del corpo del suo povero amico, quindi scese le scale e andò da Alessandro che lo attendeva seduto sugli ultimi gradini. Vide che si era ripreso abbastanza per affrontare una conversazione:” Perché non sei venuto a lezione oggi?” gli chiese senza affrontare direttamente il motivo della sua presenza lì, “Perché come ogni mattina prima di venire all’università porto un caffè ed un cornetto al prof…” dicendolo le lacrime spuntarono dai suoi occhi, facendo uno sforzo per trattenerle riprese “…perché era sempre preso nei suoi studi fino a dimenticare perfino di mangiare…poi corro fino all’Ateneo, per questo a volte ritardo un pò… ” si interruppe per fare un grosso sospiro poi riprese:”…questa mattina ho fatto lo stesso, ma quando sono arrivato ho trovato la porta socchiusa, ho chiamato ma non rispondeva, sono entrato e ho visto…’’ li non poté trattenere un singhiozzo, respirò più volte profondamente e riprese:”…ero come uno zombie, non riuscivo a comprendere, o forse lo rifiutavo, quello che avevo visto, sono tornato in strada, ho fatto un giro del palazzo e quando ho cominciato a comprendere e a sentirmi male non sapendo cosa fare le ho telefonato…” era tutto chiaro, Silvio vedendolo in quello stato comprese che doveva farlo continuare a parlare: ”Eravate tanto amici? Per portargli la colazione…” “Non amicizia, ma avevo un gran rispetto per lui, inoltre nel pomeriggio studiavamo insieme, nel senso che, quando non era preso da cose più importanti, mi aiutava…” rispose Alessandro, “(ecco perché sei così bravo e preparato)” pensò Silvio, la conversazione fu interrotta dalle sirene di un paio di macchine della polizia che con uno stridio di freni si fermarono davanti al portone.